È solo ieri che lo abbiamo visto in televisione affidare definitivamente
il suo ruolo di CEO a T. Cook e questo dimostra due cose: che la vita di una
persona come S. Jobs non è ciò che riceve dal mondo che lo circonda ma ciò che
fa per esso. Il lavoro e le opere che compie e che lascia agli altri sono il vero significato dell’esistenza.
Ciò di cui ci circondiamo sono invece solo l’onere che ci fa sentire sempre
incompleti, sempre mancanti di qualcosa.
COME SE FOSSE L’ULTIMO GIORNO
Vivere come se fosse l'ultimo giorno: scegliere cioè se
lasciare dietro di noi solo i nostri escrementi - il risultato di ciò di cui ci
siamo circondati e nutriti: biologico, OGM o tecnologico che sia - oppure se
lasciare dietro di noi la vita, l'insegnamento, le opere, i valori e la nostra
cultura.
A noi non accade esattamente di vivere
come se fosse l’ultimo giorno: ci stiamo più comportando come se
fossero gli ultimi minuti di un banchetto, prima che la tavola venga sgombrata
o peggio ci comportiamo come se il mondo fosse stato fatto solo per noi, solo
per riservarci le sue belle cose di cui godere, di cui nutrirci: cose che riempino il nostro aniumo di una bellezza contemplativa ed egocentrica. Passare
attraverso questa nostra esistenza solo come turisti di una realtà che non
viviamo se non come spettatori di una scena che sembra quasi non appartenerci
è ciò che accade a molti. Diventiamo spettatori di noi stessi e della realtà
che ci circonda ma che è esterna a noi, cui permettiamo di coinvolgerci solo
per ciò che ha di piacevole e per ciò che ci può fare sentire buoni e
partecipanti: partecipiamo alla sofferenza del mondo, ci riempiamo di editti
altisonanti e continuiamo comunque a fare ciò che ci fa più comodo e ciò che ci
piace di più, sempre e comunque, ma non lasciamo agli altri alcuna eredità nostra: ci appropriamo di ciò su cui possiamo mettere le mani, ma non costruiamo nulla.
E POI ABBIAMO SEMPRE TRA I PIEDI LA BONTÀ
La bontà è ciò che ci commuove di più: della morte di Steve
JOBS ci commuove ciò che ha fatto per il mondo, le sue innovazioni
tecnologiche, le cose che possiamo fare con i suoi prodotti, le emozioni
che abbiamo provato, legate ai vari i-Xxxx che ha prodotto: mail, musica e
messaggi!Noi ci commuoviamo, pensiamo alla sua morte e non al suo insegnamento: liquideremo in pochi giorni l’emozione e torneremo alla vita quotidiana, fatta di cose quotidiane e di piccoli egoismi, celati da buone intenzioni e da grandi parole rivolte al mondo intero ma non al nostro vicino, non nel nostro lavoro, non alla nostra famiglia.
Eppure lui è stato un uomo duro, molto duro, con sé stesso e
con chi gli era vicino. I regali che ci ha fatto, sono frutto di una disciplina
e di un coraggio assoluto di essere ciò che egli voleva essere, senza mezze
misure. Il famoso discorso di Stanford è la sua testimonianza diretta del suo concetto di vita: crea qualcosa intorno a te!
La grande domanda che per noi viene fuori dall’insegnamento di Steve
JOBS è: “Vivere affermando ciò che siamo stati oppure chiedendoci ciò che
avremmo dovuto essere?” dobbiamo affermare il coraggio dell'identità o raccontarci
le scuse che nascondono la nostra paura del futuro? Cosa vogliamo che rimanga
dietro di noi il solito mucchio di lacrimevoli macerie di cui l’Italia fa
turismo ormai da secoli o una società solida, cosciente e coesa? Non credo che Lui abbia mai avuto dubbi e ciò di cui è stato
capace lo ha dimostrato ampliamente facendolo ripartire più volte da Zero. Per lui è
valso il detto attribuito al generale Patton: “Il successo non è il punto più
alto a cui arrivi, ma quanto in alto sei riuscito ad arrivare rispetto al
tuo punto di partenza”, e Jobs è arrivato in alto per ben tre volte!
Fermiamo le lacrime e proviamo a cambiare!
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