7 lug 2001

Quando la morale è una cosa seria

Ovvero come rompo le palle a mio figlio per ogni inezia (e quel che è peggio: ho ragione).
 
Il discorso è nato qualche giorno fa, quando mio figlio si recò a casa del suo miglior amico per aiutarlo a studiare matematica - così almeno era la versione ufficiale e pure la loro seria intenzione - e rimanere poi a cena.e riprendere gli studi subito dopo.
Arrivato poco prima delle 7 di sera e trascorsa una mezzoretta di studio, come in ogni casa per bene, arrivò ora di cena, per cui si interromperono (o interruppero per i più schizzinosi). Dopo il meritato e famelico pasto (hanno 13-14 anni entrambi), la madre del compagno, malauguratamente, propose loro di andare a procurarsi un gelato prima di riprendere ad immergersi in equazioni e geometrie varie.
I due, ben felici di essere stati temporaneamente graziati, raggiunsero la gelateria preferita in soli 10 minuti: che sf…. era chiusa. Intervenne a questo punto il provvido cellulare. Telefonata a casa, al telefono rispose il padre del compagno di mio figlio, molto più accomodante della madre. Alla richiesta di potersi recare alla gelateria un po’ più lontana - che sicuramente era aperta - l’ignaro accordò il suo permesso e i due mariuoli, allegramente, andarono a recuperare il lontano e perciò ancor più squisito gelato.
Al ritorno: Apriti cielo. La madre incavolata come una biscia prende seri provvedimenti nei confronti del figlio per essersi attardato a zonzo per il paese. Tragedia, “ma papà…!”, “non mi importa nulla…”, “ma ho chiesto il perm….!”
 
 
Quando mi sono recato a recuperare il mio pargolo, abbiamo iniziato a discutere sulla cosa ed il giudizio di mio figlio era a favore del suo compagno in quanto, avendo loro ottenuto il permesso dal padre, erano in regola e non avevano disobbedito ad alcuno.
Il mio giudizio invece non corrispondeva in nulla con il suo, ma fu arduo spiegargli le mie ragioni.
 
Il primo punto che mi premeva sottolineare poteva partire dalla loro stessa esperienza emotiva: gli chiesi se, nel momento in cui rispose il padre anziché la ben più severa madre, non avessero provato un senso di sollievo e non avessero pensato all’estensione dell’attimo di libertà come ad una cosa già conclusa. Com’è ovvio, mio figlio tergiversava e portava l’accento del discorso verso il permesso ottenuto, “quello era un fatto, e altre storie non ce n’erano…”.
Io insistetti: se avevano provato una sensazione di sollievo alla risposta del padre, voleva dire che già a priori sapevano di chiedere un’estensione non regolare di un permesso già straordinario, quindi a voler essere perfettamente onesti con sé stessi, l’estensione stessa era stata sicuramente estorta approfittando della buona fede.
 
Il secondo spunto mi serviva per spiegare lo stato di conflitto generato per trarre profitto da una situazione di equivoci. Utilizzare un detentore di potere (il padre) per ottenere un beneficio all’insaputa e contro il parere di un altro detentore di potere (la madre), in un primo momento può comportare un beneficio a causa delle lacune createsi. In un secondo tempo, quando i due detentori di potere arrivano ad una spiegazione, arriverà la reazione e la punizione proprio contro colui che ha approfittato del garbuglio creatosi. Immaginate: una sera d’inverno un uomo telefona ai Carabinieri, dando la propria posizione ed affermando di avere bisogno di soccorso poiché qualcuno gli sta sparando. I Carabinieri intervengono in difesa del malcapitato e sparano; poi scoprono che l’aggressore è la Polizia!
In effetti i due genitori furono entrambi d’accordo: il figlio aveva abusato della fiducia.
 
Il terzo punto, non meno importante degli altri rimarcava un fatto che era sfuggito ad entrambi: la ragione che li aveva indotti a trovarsi alle 7 di sera, cioè studiare ed aiutarsi reciprocamente. Se la chiusura della gelateria comportava un ritardo ulteriore all’attuazione dello scopo per il quale si erano ritrovati e quindi all’inizio degli studi, avrebbero dovuto loro stessi rinunciare ad estendere il loro momento di libertà Avrebbero dovuto compiere una rinuncia consapevole, che avrebbe permesso loro di guadagnare “punti fiducia” presso i genitori. Tale situazione avrebbe poi portato ad una riduzione del controllo: porco cane! se uno decide di limitare un proprio attimo di libertà per rispettare le regole alla fine ne otteniene di più! Vai a capire i genitori!!
 
La conclusione fu terribile: gli dissi che era giusto che si fossero comportati così, perché il tentativo di conquistare una fetta in più di libertà è sacrosanto, ma non bisogna mai mentire a sé stessi né perdere di vista le ragioni degli altri. Non si deve mai abusare della fiducia degli altri, ma soprattutto non bisogna mai perdere di vista lo scopo che ci si è prefisso.
 
Che noia!!!!!