16 feb 2012

Dietro il messaggio di Repubblica

Sono in treno e sto guardando la testata di Repubblica di oggi, parla di riforma fiscale e di Ici alla Chiesa. Raramente entro in contatto con Repubblica, e quasi mai sono d'accordo con la sua linea. Non è tanto quello di cui scrive, ma il modo con cui presenta le sue idee. Ciò di cui parla, come in questo caso sono cose sacrosante, nessuno pone in dubbio che la chiesa debba pagare l’ici, e io sarei anche per farglielo pagare anche sulle sue Onlus, tanto di giri di soldi dietro ad ogni attività non lucrativa ce ne sono sempre.
Ma tornando al punto primario, non mi piace mai come Repubblica presenta le notizie. Il senso che si respira è quello di chi sa di essere nel giusto, di rappresentare il bene e di poter chiedere la testa di chiunque sia in quel momento sotto attacco. Insomma il vecchio giustizialismo giacobino vestito di una patina di intellettualità. La scuola, del resto e per chi la sa riconoscere, è quella staliniana, la stessa di D’Alema che, tra tutti i politici italiani è il solo che abbia sempre saputo trasmettere ogni sua idea lasciando la sensazione che, chiunque non pensi come lui, deve essere o un farabutto o nel migliore dei casi un idiota: Franceschini e Bersani per questo aspetto, sono solo sue pallide ombre.
Poi la mia vista - che normalmente non percepisce la pubblicità e la cancella automaticamente – si sofferma sull’ultima pagina, un’ultima piena pagina e si rende conto di cosa c’è raffigurato. A piena pagina (scusate la ripetizione, ma vorrei trasmettere il mio stupore del momento), c’è la figura di un giovane in gessato blu; ma non un giovane intellettuale, bensì un giovane della società bene, sicuro di chi è e sicuro di ciò che rappresenta quando si trova in pubblico, un pubblico ovviamente molto scelto.
E qui il  mio cervello si mette in movimento e si rende conto che la pubblicità è di Ralph Laurent!
Nulla contro quel bel vestito e l’orgoglio statico di giovane per bene che esso rappresenta, ma mi lascia assolutamente stupita la sua presenza su Repubblica; poi mi affiora un pensiero indistinto e mi rendo conto del messaggio implicito che quell’immagina lascia sottilmente affiorare.
Mi metto nei panni dell’editore e mi faccio cogliere dal timore che Ralph Laurent smetta di pagarmi la pubblicità sul mio quotidiano: mi troverei costretto a chiedergli di farla io gratuitamente.
Quella sicurezza, quel mito che questo giovane rappresenta, quell’aria da nobile cavaliere del XXI secolo, erede di una cultura che proviene dal razionalismo e dal materialismo dialettico del XIX e XX secolo, ben si abbina con le emozioni di chi freme di sdegno di coloro che leggono le mie righe.
Esso rappresenta quella certezza immobile ed assoluta di coloro che leggono Repubblica.
Quel vestito gessato e quell’atteggiamento sono i miti del lettore di Repubblica, che apprezza moltissimo sapere che il suo giornale gli dedica una pubblicità così!

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